Cannabis medica: contro lo stress senza effetti collaterali

Intervista al dottor Carlo Privitera, specialista in chirurgia d’urgenza ed esperto di cannabis medica. 

La cannabis terapeutica rappresenta oggi un valido aiuto per molti disturbi e patologie, come espresso anche dall’OMS.

Per conoscerla meglio ci avvaliamo per prezioso aiuto del dottor Carlo Privitera, ideatore e fondatore di progetto medicomm, primo sistema di teleassistenza sanitaria attiva in Italia, con focus  sulle terapie a base di cannabinoidi.

Dottore, cosa si intende per cannabis terapeutica?

 

La cannabis terapeutica o come preferisce chiamarla il nostro ministero, la cannabis medica, è un farmaco a tutti gli effetti perché rientra in tutte le normative del farmaco.  All’Università, nella prima lezione di farmacologia ci dicono che non esiste farmaco senza effetti collaterali.

In realtà oggi sappiamo che il farmaco che non ha effetti collaterali esiste e si chiama cannabis medica. Oggi abbiamo una classe di farmaci, perché non è solo un farmaco, oggi parliamo di fitocomplesso; è come avere diverse varietà di aspirina che possono servire a seconda delle necessità e dell’individuo. Quindi la cannabis è  un farmaco che ci permette di personalizzare la terapia in tutta sicurezza, perché non esistono in letteratura dei lavori che parlano di effetti collaterali inerenti appunto alla somministrazione del farmaco.

Ci può parlare della base clinica a fondamento di questo assunto?

Quello che sappiamo dalla letteratura scientifica è che in tutte le malattie croniche c’è la riduzione della funzionalità del sistema endocannabinoide, cioè di un nostro sistema interno che è deputato in pratica a far funzionare tutte le cellule del nostro corpo, perché abbiamo visto che in tutte le cellule del nostro corpo è espresso almeno un recettore per i cannabinoidi.

Poi in particolar modo ci sono i recettori a livello del tessuto cerebrale e a livello del tessuto immunitario. Quindi questo fa sì che il sistema endocannabinoide possa essere etichettato come un sistema di controllo e come  un sistema di adattamento allo stress. Questo è il primo pilastro su cui fondiamo la nostra operazione.

Che vuol dire questo? Vuol dire che possiamo assimilare il concetto della malattia cronica parlando del sistema endocannabinoide, allo stesso identico modo di qualsiasi altro deficit endocrino. Così come, io faccio sempre l’esempio quando non funziona della tiroide, diamo l’ormone tiroideo sostitutivo. Quindi nella pratica clinica, e questo lo dico dopo 6000 casi trattati in questi anni,  quello che in realtà facciamo è una terapia di reintegro nei  pazienti di una serie di fattori che si  vanno perdendo o consumando durante le fasi croniche della malattia, che sono appunto gli endocannabinoidi. 

Come agisce la cannabis medica sull’organismo?

Agisce fondamentalmente attraverso un legame con i recettori che sono praticamente in ogni cellula del nostro corpo.

Il sistema endocannabinoide inizia ad agire quando i nostri genitori ci concepiscono e termina la sua azione dopo che il cuore ha smesso di battere alla fine della nostra vita. Dal punto di vista clinico, fisiopatologico, che è una parola difficile che sta per intendere cosa non funziona, e perché non funzionano le cose quando ci ammaliamo, la cannabis va fondamentalmente a regolare l’azione del sistema nervoso centrale e questo lo vediamo molto bene ad esempio nel trattamento delle patologie neurodegenerative e dei problemi delle malattie del movimento, come la sclerosi multipla. Lo vediamo benissimo nelle epilessie dove riusciamo grazie alla cannabis a controllare i canali ionici, quindi a ridurre l’eccitabilità del tessuto nervoso, con miglioramento del quadro clinico.

 

Per quali patologie è indicata la cannabis terapeutica?

Nella pratica clinica in tutte! In tutte perché possiamo individuare la cannabis medica come un  farmaco sintomatico, ma allo stesso tempo un farmaco che tende a riequilibrare un equilibrio del  nostro organismo che fondamentalmente è mantenuto dal sistema endocannabinoide. 

Quindi il concetto è: sappiamo che ogni volta che c’è uno stato acuto di infiammazione, nelle cellule del sistema immunitario, abbiamo un’espressione aumentata dei recettori CB2, quindi di alcuni recettori della cannabis; è come se il nostro corpo andasse ad indicare qual è il bersaglio contro cui andare a sparare i colpi per migliorare il quadro clinico fondamentalmente. 

Quindi da questo punto di vista, dove è indicata la cannabis medica?  Ovunque ci sia un’alterazione del sistema immunitario. Quindi per definizione quasi tutta la patologia medica è una patologia su base disimmune, cioè di alterazione del sistema immunitario.

In Italia chi può prescrivere la cannabis medica?

Qualsiasi medico abilitato alla professione, quindi dal medico di medicina generale, allo specialista.

Nell’immaginario collettivo ci sono anche dei pregiudizi; quali sono gli effetti collaterali della cannabis medica?

Allora non dobbiamo parlare degli effetti collaterali per definizione, perché l’effetto collaterale è un effetto dovuto ad un danno cellulare.

Per  intenderci, quando io prendo l’aspirina o un antinfiammatorio, lo stomaco brucia perché c’è stato un danno cellulare,  qualche cellula della mucosa gastrica è andata in sofferenza o è anche morta,  e questo lo vediamo, se faccio abuso di questi farmaci in tante conseguenze.

Il concetto è: l’effetto collaterale è secondario ad un danno cellulare, invece l’effetto secondario, per quello che possiamo avere con i cannabinoidi, non comporta nessun danno cellulare, ma è solo l’effetto conseguente al fatto che una molecola che si lega ad un recettore, ha delle conseguenze biologiche. Ma una volta che questo legame si perde normalmente come per tutte le molecole, l’effetto si viene a perdere.

Oltretutto dobbiamo specificare una cosa fondamentale; quando parliamo di cannabis non parliamo di un solo principio attivo, ma di un fitocomplesso, quindi più di 700 molecole che sono presenti nello stesso fiore. Tra queste una sola in realtà è responsabile degli effetti psicotropi, ossia il THC.

Tutte le altre, il CBD per primo, non hanno assolutamente questo tipo di attività, ed il CBD  è stato etichettato dall’organizzazione mondiale della sanità come il principio attivo praticamente più sicuro al mondo, per il quale non è stata trovata una dose letale, ossia non ne puoi assumere una dose tale da arrecare danni irreversibili. Quindi  questa è la cosa fondamentale: il profilo di estrema sicurezza del farmaco.

Continuiamo a parlare del CBD: mi spiega il suo uso terapeutico?

Il CBD è una molecola che io amo tantissimo, per il semplice fatto che la uso tantissimo  per andare ad associarla a tutto l’intero fitocomplesso.

Cioè vado a fare un’integrazione delle mie prescrizioni, delle formulazioni che richiedo al farmacista, con CBD puro per avere dei rapporti particolari con i componenti. Il CBD puro ha un suo sbocco nel mercato farmaceutico con standard elevati di qualità e di normativa con controlli elevati e quant’altro; questo CBD avrà un mercato  assolutamente in espansione.

Ma ben presto ci si renderà conto che tutto il resto e non è da buttare via, perché si lavora con il CBD puro oggi, ma poi si lavorerà con altri cannabinoidi puri, da associare sempre all’intero fitocomplesso per un concetto logico:  il CBD sta dentro quelle 700 molecole e non posso immaginare anche lo stesso effetto, diciamo a 360°, come con la totalità dei principi che sono presenti nella pianta. 

Però al contempo, a mio avviso il ruolo del CBD puro o di prodotti integrati con CBD, con tulle le filiere che possono venir fuori dall’integrazione all’alimentare, deve essere assolutamente l’indirizzo che deve prendere questo mercato.

Perché dal punto di vista medico io non posso assolutamente consigliare ad un paziente un CBD che non sia di grado farmaceutico, o uno di questi prodotti che sono presenti sul mercato; non posso perché sono etichettati per uso tecnico.

Quindi c’è un vuoto normativo importante, però da parte del produttore ci dovrebbe essere un impressione a dire: “No guarda io non voglio entrare in quel mercato perchè è un mercato assolutamente diverso (quello farmaceutico) ma voglio prendermi questa fetta del mercato alimentare e di integrazione. 

Perché quello che io faccio nella terapia medica è un’ integrazione massiva di questi elementi. Ma siccome sappiamo che in generale lo stress e  l’avanzare dell’età portano ad una riduzione della funzionalità del sistema endocannabinoide, allora io sarei il primo a consigliare ad un paziente un’integrazione alimentare con prodotti al CBD perché sicuramente è meglio utilizzare quelli, insieme ad un supporto alimentare.

Il mio obiettivo da medico prescrittore di cannabis non è quello di prescrivere la cannabis, ma è  quello di arrivare a non prescriverla più, perché le persone tendono a non ammalarsi.

Quindi se poniamo tutto su questa logica, ha un significato terapeutico, ma terapeutico vero, ossia preventivo,  il mercato del CBD e degli integratori al CBD, un mercato, che venga normato e che venga  etichettato dai produttori stessi che abbiano la coscienza di dire che non è un farmaco.

Se facciamo quattro conti vediamo ormai che gli integratori hanno quasi superato la spesa farmaceutica. Quindi punta lì se vuoi fare qualcosa. Questo è il mio consiglio spassionato

Qual è il modo migliore di assunzione? Perché ci sono tantissimi prodotti.

Si, ci sono tantissimi tipi prodotti. Ora dirò una cosa che mi renderà poco simpatico ai più. Uno studio dell’Università di Milano nel 2017 ha evidenziato come in moltissimi casi le etichette non rispondono al contenuto: quando andiamo a leggere 30% di CBD per esempio.   

Ma siccome questi prodotti non sono sottoposti ad una catena di controlli, quello che succede è che il prodotto finito che arriva al consumatore finale,  è un prodotto il cui titolo è nella migliore delle ipotesi dimezzato.

Il concetto è che, non essendo un prodotto di uso farmaceutico e quindi destinato e ad un controllo continuo che ne garantisce la stabilità e la riproducibilità,  ovviamente entro certi limiti perché parliamo sempre di un fiore, non si può dare alcun tipo di parametri in termini farmacologici. Quindi al paziente che prende l’olio di CBD, io posso dire di continuare a  prenderlo,  ma io non posso farmi i calcoli di quanto  ne sta  prendendo.

Qual è l’effetto che ha il CBD su una persona sana?

Il sistema endocannabinoide è un sistema di controllo e di supporto per lo stress.

Lo stress consiste nel fatto che un  qualsiasi stimolo a cui siamo sottoposti, ad un certo punto, può  superare la soglia del compenso. Ma anche se non la supera comunque ci impegna.  Facciamo un esempio : io posso fare una corsa  di 2 km.

Posso fare una camminata veloce o una corsa più intensa.  Può essere una cosa che mi impegna fisicamente in maniera acuta.  Alla fine dei 2 km mi sono stancato in maniera diversa e allora nei due casi cosa è successo? È successo che comunque il mio corpo si è dovuto adattare e allora comunque è stato impegnato il sistema endocannabinoide. In questo caso la fatica è uno stress.

Quindi ogni giorno il nostro sistema endocannabinoide decide di adattarsi; deve aiutarci a stare in un ambiente ricco di stimoli di tipo fisico, di tipo chimico e anche di tipo relazionale come chi ha problemi sul lavoro per esempio.

Inoltre in questo momento chi non ha una forte dose di stress per la pandemia?

E’ come la tortura cinese della goccia: ogni giorno siamo sottoposti a tutto questo.

Ora quando siamo in buona salute, quando siamo giovani, quando manteniamo una buona alimentazione, tendiamo a mantenere tutti i sistemi di controllo in buon funzionamento;  quindi il sistema endocannabinoide su tutti e la ghiandola pineale che produce la melatonina, infatti   spesso si dice “dormo bene”.

Quindi il concetto qual è? Non è assolutamente controindicato! Anzi dopo i 40 anni come sarebbe indicata per esempio l’integrazione di melatonina in tutti i soggetti, sarebbe assolutamente indicata anche una prevenzione alimentare con il CBD, perché   integrare quello che ogni giorno noi consumiamo sicuramente male non fa, visto che domani lo riconsumeremo.

E il fatto che lo consumiamo, attenzione, c’è anche questo particolare,  potrebbe innescare un circolo vizioso. Perché di solito l’ansia e lo stress ci fanno male la notte;  l’indomani sono più nervoso e così via. 

Dobbiamo quindi aiutare il nostro corpo, la nostra mente tutti i nostri sistemi biologici, nel portare lo stesso quotidiano, specialmente dopo una certa età.

Ma attenzione :nell’ottica di un supporto preventivo non curativo!

Allora il CBD farebbe veramente da padrone proprio perché assolutamente è privo di alcun tipo di rischio.

Allora le faccio la domanda che farebbe qualsiasi persona leggendo questa sua risposta : in  modo fare questa integrazione? Quali dosi?

Io quello che posso dire nella mia esperienza clinica è che nella maggior parte dei casi si può trattare lo stress quotidiano con una dose di 15 -20 mg di CBD al giorno, ma che siano veramente 15-20mg al giorno e che si assorbano completamente.

Quindi fare un’integrazione con 10- 15 mg di CBD al giorno di grado farmaceutico o comunque per chi vuole fare con l’alimentazione, sarebbe  meglio integrare l’olio di oliva con un olio di canapa o con un olio comunque addizionato al CBD.

Ecco in questo senso potrebbe essere una coccola per i nostri sistemi biologici.

Per integrazione direi che 15- 20 mg al giorno sono al dose, come  ho visto nella mia esperienza, più che sufficiente. 

Un’ultima domanda: mi parla del progetto medicomm? 

Il  progetto medicomm nasce nel 2016. Io vengo dalla chirurgia generale e sono stato in ospedale a Licata; e lì mi sono fatto un po’ le ossa per quanto riguarda la comprensione di alcune dinamiche sanitarie. 

Dopo vari dissidi con l’amministrazione ho deciso di mandare tutti a quel paese con la promessa di creare un sistema sanitario privato ma economicamente sostenibile e che costasse meno dello Stato.

Questa cosa l’ho realizzata con il progetto medicomm che in atto costa meno della medicina generale. Siamo nati come teleassistenza, perchè nello studio della cannabis medica, in pratica abbiamo capito che è impossibile gestire il paziente attraverso le normali dinamiche.

Di solito il paziente che viene in ambulatorio, torna dopo un mese, due mesi, quello che sia, ma io ho necessità di acquisire giornalmente dei dati che mi permettono di personalizzare la terapia nel più breve tempo possibile.

Quindi da un punto di vista economico, il mio obiettivo è che il paziente mi dica soltanto “dottore è  finito il farmaco, la ricetta è scaduta, devo rifare la ricetta”

In un sistema privato questa cosa dà il massimo ritorno, lo darebbe anche nel sistema pubblico, ma lasciamo perdere.

Nella pratica questo vuol  dire che il nostro obiettivo è portare il paziente, anche se un paziente cronico,  ad un livello di qualità di vita per cui il suo rapporto con il medico è solo di informazione, aggiornamento e di rinnovo della prescrizione,  così come si fa per il paziente iperteso per esempio.

Quindi a quel punto, io non ho bisogno di vedere il paziente in ambulatorio perché  lo sento ogni giorno. E questo mi permette di abbattere i costi per il paziente, ottimizzare i flussi e riuscire ad ottenere un risultato clinico nel più breve tempo possibile.  E questo è quello che facciamo.  

Praticamente ero partito solo, adesso siamo 7 medici per l’Italia che condividono i casi  clinici. 

Oggi per esempio ho sentito un paziente e abbiamo fatto una chiamata a tre.

Quindi anche il paziente che sa che ha al telefono due medici contemporaneamente e ha tutto già pagato con  €70 l’anno, rimane un po’ spiazzato.

E una specie di abbonamento?

Esatto! Il concetto è : se noi dividiamo 70 euro per 12 mesi fanno €5,80, che  sono 20 centesimi  in meno del netto che percepisce il medico di medicina generale.