CANNABIS: per la prima volta marijuana utilizzata in un ospedale pubblico in Sicilia

Svolta nella politica sanitaria della Regione a statuto speciale; in applicazione del decreto firmato un anno fa dall’assessore alla Salute Ruggero Razza, un ospedale pubblico, ha consegnato gratuitamente ad una paziente affetta da sclerosi multipla, dosi di marijuana per uso terapeutico per la terapia del dolore. Il provvedimento quindi da’ la possibilita’ di utilizzare il derivato della canapa nella terapia del dolore, a carico del servizio sanitario regionale.

Il preparato è stato confezionato da una farmacia convenzionata ed è stato consegnato al ‘Piemonte’ del Centro neurolesi Bonino Pulejo, a Messina.La paziente,una donna di 46 anni, racconta di avere ricevuto 45 grammi di infiorescenza suddivisa in 30 scatolini.

“Un altro piccolo passo, ma fondamentale per i diritti dei malati in Sicilia” ha commentato  Fabrizio Ferrandelli, responsabile lavoro e mezzogiorno della segreteria nazionale di +Europa e consigliere comunale a Palermo.

‘Dal luglio del 2018 – aggiunge – quando una nostra delegazione, insieme e grazie all’impegno del comitato Esistono i diritti, ha chiesto all’assessorato alla Salute l’istituzione del tavolo tecnico sulla cannabis ad uso terapico in Sicilia, riprendendo il ddl a mia firma presentato anni prima in assemblea regionale, molta strada è stata fatta. Oggi finalmente un altro passo verso i diritti dei malati è stato compiuto”

Ma fondamentale è la filiera e il sistema produttivo e di approvvigionamento, nonché la sensibilizzazione nel settore medico.

“Continueremo a lottare finché anche in Sicilia si proceda con campagne di sensibilizzazione terapeutica e formazione ai medici prescrittori. Con altrettanta forza ci impegneremo anche affinché si possa produrre Cannabis in Sicilia, riducendo i costi e l’importazione dall’estero, aumentandone la disponibilità per il sistema sanitario nazionale e creando nuova occupazione”, conclude Ferrandelli.

Ma dal punto di vista normativo qual è la situazione nel nostro Paese?

Da 10 anni in Italia i medici possono prescrivere preparazioni contenenti sostanze attive vegetali a base di cannabis per uso medico da prepararsi in strutture preposte.  Il Testo Unico sulle droghe 309 del 1990 prevede che , la sostanza possa esser coltivata dietro autorizzazione di un particolare organismo nazionale ad hoc.

Dal 2007 è possibile importare alcuni farmaci a base derivati della canapa,  mentre, in virtù di un accordo firmato tra i Ministeri di Salute e Difesa del settembre 2014, le infiorescenze per le preparazioni galeniche possono essere prodotte anche dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze.

Come previsto dal Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015, la prescrizione di cannabis “a uso medico” in Italia è limitata al suo impegno nel  dolore cronico e a quello associato a  varie patologie tra cui la sclerosi multipla, ma anche alla nausea e al vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV,  all’effetto ipotensivo nel glaucoma, alla riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Tourette.

Si tratta di prodotti fitoterapici ad azione sintomatica potenzialmente utili in diversi quadri patologici. Non trattandosi di farmaci riconosciuti, di soli le prescrizioni si effettuano quando le terapie convenzionali risultano inefficaci, con tutto quello che ne consegue per i pazienti in termini di sofferenze. C’è da dire che la protagonista di questa vicenda si è detta felicissima.

“Per scopo terapeutico ho ricevuto la prima prescrizione nel 2017 che ho pagato a 53 euro per un grammo e mezzo, dopo di che non ne ho piu’ trovata; e’  stato un calvario”, racconta all’ AGI Loredana Gullotta,   la  paziente, che ha ricevuto le dosi di cannabis terapeutica. 

“Ero felicissima quando mi hanno  chiamato dall’ospedale, del resto avevo telefonato chiedendo di avviare la prescrizione alla farmacia convenzionata, il mio medico si e’ attivato, si e’ informato, mi ha fatto avere 45 grammi di  Bedrocan.  Purtroppo non riesco ad avere il rimborso dei soldi che ho speso nel primo lockdown per il Bedrocan e una sostanza similare che compravo nelle farmacie specializzate che ne avevano la disponibilità dell’infiorescenza”.