Intervista ad Andrea Primavera, presidente FIPPO Federazione Italiana Produttori Piante Officinali
Il mercato mondiale della canapa ha radicalmente cambiato volto negli ultimi 5 anni, in seguito alla conferma del valore salutistico e terapeutico dei vari cannabinoidi, a partire dal cannabidiolo (CBD).
Il mercato mondiale del CBD, come più in generale il mercato della cannabis legale (uso industriale e medico delle infiorescenze), dal 2016 cresce a ritmi del 35-40% annuo. Protagonisti sono innanzitutto Canada e USA (75% del mercato) e più di recente la Cina.
Come sottolinea Federcanapa, nel dossier canapa industriale la cannabis light è stato l’unico mercato che dal 2017 ha avuto un notevole sviluppo in Italia, ma in assenza di chiarezza normativa è cresciuto senza regole e la sentenza del maggio 2019 delle Sezioni Unite della Cassazione lo ha pesantemente colpito.
Questa sentenza mantiene l’incertezza quando afferma che la commercializzazione dei derivati della canapa, quali foglie, inflorescenze, olio, resina, ricade nel reato di traffico di stupefacenti “salvo che tali derivati siano in concreto privi di ogni efficacia drogante o psicotropa”.
Quindi di fatto, quello che hanno stabilito i giudici prescinde dalla fondamentale constatazione che la canapa sativa L. proveniente da varietà iscritte nel Catalogo Europeo e a basso contenuto di THC è un “prodotto agricolo” per espressa definizione del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
In questa analisi “il principale ostacolo allo sviluppo della canapa industriale in Italia sta nel fatto che la pianta della specie cannabis sativa L., di qualsiasi varietà si tratti e indipendentemente dal suo tenore di THC, continua ad essere trattata dalla normativa nazionale prima come pianta da droga e in subordine come pianta industriale”.
La filiera italiana della Canapa
Gli investimenti in Italia sono considerati ad elevato rischio per le interpretazioni normative restrittive relative all’impiego della canapa oltre alla chiusure ideologiche spesso palesate nel dibattito politico. Ma andiamo con ordine.
La canapa è una pianta usata in Italia fin dagli albori dell’agricoltura, soprattutto per la fibra e il cordame.
La coltivazione era diffusa in tutta la penisola che era il cuore della fibra di canapa fino alla metà del secolo scorso.
Col nuovo millennio hanno acquisito crescente importanza i derivati dal seme e ultimamente dal fiore (a basso tenore di THC) per i mercati dell’alimentare e della salutistica (nutraceutica, cosmesi e farmaceutica). Nell’ultimo quinquennio i derivati dal fiore rappresentano, in tutto il mondo, il settore a più rapida crescita e a più elevato reddito per i coltivatori di canapa industriale.
Ma cerchiamo di conoscere meglio la pianta, tanto discussa e tanto discutibile per i vari usi e le varie applicazioni che presenta. Per questo ci avvaliamo del prezioso contributo di Andrea Primavera, agronomo e presidente della FIPPO, Federazione Italiana Produttori Piante Officinali.
Presidente, come e dove viene coltivata la canapa in Italia?
“La canapa è una delle piante più esigenti tra le colture da rinnovo, (mais, girasole ecc…); è una coltura che vuole terreni, molto fertili, ricchi e profondi ; Non è vero che si adatta a tutti i terreni come dice qualcuno, ma ha bisogno di molta acqua, più acqua addirittura del mais e vede i suoi ambienti ideali per la crescita proprio nella pianura padana, nelle grandi pianure del Pò e nelle piccole zone interne come la valnerina umbra e nella valle del Tevere.
La coltivazione della canapa è stata proposta anche dalla politica europea perché è comunque una pianta che fornisce materiali di vario tipo; pensiamo alle fibre o al canapulo. (Il canapulo è il legno che si ottiene dalla canapa ; ha un potere di assorbimento dei liquidi pari a 5 volte il suo peso e viene usato in vari ambiti: edilizia, agricoltura e artigianato ).
Poi ci sono i semi, dai quali si ottiene l’olio o altri prodotti alimentari, le parti verdi, quindi le foglie i fiori e le infiorescenze.
Dal punto di vista agronomico la canapa è una pianta molto nota, specialmente all’agricoltore italiano che la coltiva da tanti anni; la tradizione della canapa infatti si è conservata abbastanza integra nella zona tra Cuneo e Torino per esempio.
Ma ora ci sono nuove prospettive di impiego : fibre e canapulo, materiali di cui si parla molto per la possibilità di sostituire gli usi poveri della fibra sintetica, come le imbottiture e gli isolanti per l’edilizia”.
Quali sono i principali elementi della canapa ?
“Come presidente della federazione italiana produttori di piante officinali, devo distinguere nettamente due mondi: un mondo è quello dei prodotti da fumo, io so che non è igienico parlare di infiorescenza da fumo; sono tutti prodotti che poi si vendono con altre denominazioni o presentazioni di fantasia, e questo è un mondo a se stante, rispetto a quella che è la canapa utilizzata come pianta officinale.
Perchè la canapa è una pianta officinale indubbiamente, avendo tantissime sostanze attive come i cannabinoidi ma anche i terpeni e i fenoli che sono molto interessanti”
Presidente, ci può spiegare meglio il concetto di canapa come pianta officinale ?
Noi come FIPPO parliamo della canapa per uso officinale, ovvero solo quella parte della pianta che proviene dalla fronda, ossia dalle infiorescenze e dalle foglie che viene destinata all’impiego estrattivo.
Si tratta di un prodotto dai cui provengono degli estratti di varia natura. E’ chiaro che è officinale la canapa a basso tenore di cannabinoiode e di THC, che è quella legalmente coltivabile in Italia dall’agricoltore comune.
Ma è officinale anche quella terapeutica, che però non è di libera coltivazione, perché rientra nelle cosiddette droghe stupefacenti e può essere coltivata solo dallo Stato.
Quindi, una cosa è la canapa come pianta officinale; altra è la canapa da cui si ricavano elementi stupefacenti. Qual è la differenza?
La canapa contiene vari cannabinoiodi, che compongono una famiglia molto complessa poiché sono decine e decine di molecole; alcune sono molto studiate come per esempio il CBD nelle varie forme, il cannabigerolo (CBG) e il THC.
La sostanza stupefacente è proprio il THC, (tetraidrocannabinolo) e quando abbiamo voluto rilanciare la coltura della canapa, che è stata un’operazione a livello di Unione Europea, non solo italiana, si è dovuto però provvedere a selezionare determinate varietà che contenessero basse concentrazioni di THC e la soglia limite che identifica la canapa come coltura selezionata sul registro europeo, è lo 0,2%.
Da quali parti della pianta si ricavano THC e CBD?
Le sostanze attive sono concentrate prevalentemente nelle foglie ma ancora di più nelle infiorescenze, soprattutto nelle brattee (organi che avvolgono i fiori), quindi non sono all’interno, non sono nei semi, non sono nel fusto ma sono concentrate nell’infiorenscenza nel suo complesso; però l’accumulo di queste sostanze è di natura genetica, quindi alcune varietà che sono state selezionate ne contengono poco altre ne contengono molte. Normalmente devono avere meno dello 0,2% di THC, eccezionalmente possono avere fino allo 0,6% per essere una coltura lecita destinata al libero commercio; sopra lo 0,6% la pianta rientra nella normativa sulla fabbricazione degli stupefacenti. In realtà poi la cannabis medica contiene in genere dal 4 fino al 6% di THC. Ma questa può essere prodotta grazie ad una convenzione internazionale del 1971 a cui l’Italia ha aderito, che stabilisce che ogni stato deve fabbricare le droghe stupefacenti necessarie per uso medico (i cosiddetti antidolorifici, palliativi e altro), e non può fabbricarle e metterle in commercio. Quindi, le droghe stupefacenti non sono di libero commercio, ogni stato le fabbrica e le utilizza all’interno del proprio circuito sanitario. Ovviamente se una nazione non riesce a fabbricare dei principi attivi può fare un convenzione con un’altra nazione e comprare principi attivi.
Presidente, può fare qualche esempio?
Noi non produciamo farmaci derivati dagli oppiaci ma li compriamo dalla Francia attraverso una convenzione. Quindi lo stupefacente può essere fabbricato solo dallo Stato, o eventualmente (da noi però non succede) da un privato autorizzato dallo Stato e l’altra canapa la può fabbricare chiunque. La canapa che contiene meno dello 0,2% di THC può contenere il CBD che è un’altra delle sostanze molto interessanti per le varie proprietà che le sono riconosciute.
Il CBD non è una sostanza stupefacente, lo ha stabilito anche l’Unione Europea e l’Organizzazione mondiale della Sanità. Quest’ultima ha ammesso anche l’impiego in ambito alimentare del CBD come sostanza aromatica.
Il CBD viene prodotto partendo dalle infiorescenze della canapa attraverso processi di estrazione.
Qual è la differenza tra la canapa e la cannabis?
La canapa è la pianta, la cannabis sono i derivati della canapa.
La cannabis si distingue in quella medicinale e la cannabis per uso officinale. Questo per quanto riguarda le definizioni, ma il discrimine sta nel contenuto di THC.
Un prodotto con alto contenuto di THC è stupefacente e viene impiegato soprattutto nel trattamento palliativo di varie forme, per esempio per persone che soffrono di nausea perché sono soggette a chemioterapia, mentre il CBD si utilizza per esempio per le fibromialgie, o per alcune forme di epilessia.
Attualmente da noi, il CBD viene prodotto come ingrediente di grado farmaceutico anche se poi i farmaci con il CBD non ci sono. Sono prodotti soprattutto in America del Nord o in Canada dove hanno un impiego più esteso.
Come pianta officinale per cosa può essere usata la canapa?
La canapa viene coltivata e utilizzata per estrarne le infiorescenze.
La pianta viene essiccata; poi viene separata la parte fibrosa come rami e fusto. La biomassa verde, ricca di principi attivi viene mandata alle industrie che ne fanno estratti. Il derivato è il CBD che è un ingrediente multitasking perché può essere impiegato in cosmetica, nel comparto alimentare, e all’interno di farmaci. E’ una sostanza estremamente flessibile.